In Giappone il pranzo “home made” da consumarsi a scuola o al lavoro non è un semplice pasto, ma un vero e proprio rito con importanti connotazioni sociali.
Ogni mattina la casalinga media giapponese si sveglia presto per preparare il pranzo ai figli e al marito: la "schiscetta" direbbero i milanesi, "お弁当" (
obentō) la chiamano nel paese del Sol Levante.
Anche molte mamme o mogli italiane lo fanno, ma talvolta la differenza sta non tanto nel “cosa” ma nel “come” e soprattutto nel “perché”.
Una qualsiasi mamma/moglie italiana si preoccuperebbe unicamente di confezionare un pasto saporito e abbondante per soddisfare i gusti del figlio/marito. Secondo la cultura giapponese, la mamma casalinga ha il preciso dovere non solo di nutrire, ma anche di far fare bella figura a tutti i componenti della sua famiglia. Ecco quindi che donne fantasiose e pazienti realizzano ogni mattina pranzi "in scatola" buoni, ma soprattutto esteticamente ineccepibili, vere e proprie opere d’arte.
Il
tutto deve essere bello e significativo, una scultura o un mosaico per sollecitare un sorriso in chi apre la "bento box" (il cestino), per reggere il confronto con quello che hanno preparato le mamme/mogli rivali e per suscitare degli spontanei "
kawaii!!!" (che vuol dire "carino!!!" in giapponese) dalle bocche dei compagni di classe o degli apprezzamenti dai colleghi di lavoro.
Poco importa se per disegnare quell'occhio o quel fiore si utilizza un ingrediente che ben poco si accosta. Ciò che conta è venga centrato l’obiettivo dell’equilibrio estetico ed energetico: gusto e quantità tanto cari agli italici palati, sono aspetti secondari.
Come abbiamo sempre visto nei cartoni animati, nel “bento”
il riso non manca mai anche perché, oltre a essere l'alimento base della dieta degli orientali, è un ottimo sfondo per tutte le composizioni ed è perfetto per creare palline, cilindri, piramidi e non solo.
Pinzette, tagliapasta, coltellini affilati per le verdure, coloranti alimentari e ingredienti vari sono gli imprescindibili strumenti per il rito “o-bento” e servono per creare orsetti, fiori, visi sorridenti e tutto quello che la fantasia suggerisce.
Se per noi la schiscetta è il risultato di una breve preparazione (spesso nella schiscia ci mettiamo gli avanzi della sera prima) e di una comoda fruizione lunga un’ora, in Giappone la situazione si ribalta, ponendo l’accento sulla lunga e laboriosa preparazione per una frugalissima fruizione.
Se da noi ciò che conta è la soddisfazione della pancia (siamo per il tanto e buono), per i giapponesi è più significativo l’appagamento dell’occhio (il bello ed armonioso).
Se per noi l’apertura del tupperware è la chiave per inebriare le papille gustative e suscitare l’approvazione di chi consuma il pasto, l’apertura dell’お弁当 (obentō) è un importante rito di accettazione sociale, prima ancora che trattarsi del primo passo di consumazione del pranzo.